Anno 1836

L’anno inizia con una lunga vertenza tra l’Intendente, il Comune ed il Capitolo di S. Cristina circa le spese per il mantenimento della Chiesa di S. Cristina. l’Intendente respinge le spese programmate dal Comune per aggiustare le campane. Sostiene che esse spettano al Capitolo, come “mantenimento materiale della Chiesa”. Il Capitolo “ha prodotto reclamo” sostenendo, invece, che “il Comune da lunga pezza esercita il dritto di patronato sulla Chiesa … tale dritto fu sanzionato dal Sovrano con suo exequator alla Bolla emessa da Clemente XII nel 1739 … Il Capitolo non à rendite da far fronte alle urgenti spese occorrenti … Le sue entrate sono gravate di un significante numero di messe lasciate da’ suoi benefattori … le rendite sono diminuite enormemente per le devastazioni fatte ai boschi per la ritenzione del quinto sui canoni … nonchè pel tributo fondiario”.

Il Comune ha sempre provveduto anche “per quant’altro occorre pe’ arredi…”:
In novembre interviene anche il Vescovo sulla questione: Mons. Riccardi sostiene la stessa tesi del Capitolo e prega l’Intendente di “dare le sue più energiche disposizioni onde venisse situato negli Stati un carico conveniente ed in proporzione del necessario per detta Chiesa su tutti gli aspetti …” L’Intendente, però, è inamovibile ed è del parere che il Comune non ha l’obbligo di spese “per bisogni di manutenzione del locale, di arredi sacri, cere ed altro…”. Il Clero deve chiarire le sue incompense. Il diritto di nomina dell’Arciprete è fatto sia dal Comune che dai Canonici sostiene e quindi ne derivano anche impegni finanziari… “è dovere del Clero Capitolare il provvedere al mantenimento di quella Chiesa che con la rendita della sua dote gli somministra … oltre agli avventizj non pochi de’ quali il Capitolo per sè dispone nelle due annuali festività della Santa titolare, cui si ha speciale devozione”.

Il 5 dicembre il Sindaco, Domenico Antonio Tedeschi, convoca il Decurionato.

…Ha questi fatta le seguente mozione: Delicato ed urgente affare è quello, o Signori, che mi ha obbligato a convocarvi; trattasi della difesa de’ dritti della Patria, di quei dritti, che trasmessi a noi da lungo ordine di anni, si vorrebbero ora atterrare e distruggere, sol perchè essendo ad essi attaccato con legiero dispendio, non è questo compatibile coll’economia, divenuta ormai un articolo di moda. Il Patronato sulla nostra Chiesa Collegiale è quello, Signori, che ci si vorrebbe ritogliere, per far risparmio di una tenua summa annua, che avevate addetta al mantenimento di questo non spregevole edifizio. Voi non ignorate che da secoli immemorabili questo dritto si è esercitato dai nostri avoli, conoscete perciò che gli esiti per lo mantenimento della Chiesa han gravato sempre sul Comune, e ricorderete sicuramente, che più migliaja si sono dal mille ottocento cinque in qua spesi per la ricostruzione della Chiesa in disame, pel campanile, organo, e quanto di meglio in essa vi esiste, e tutte queste ingenti summe sono state dal Comune somministrate non solo, ma parte di esse anche superiormente approvate sotto l’impero delle antiche e nuove Leggi per l’amministrazione interna, come può chiarirsene ognuno, dando un’occhiata agli Stati discussi, ed ai conti dei cassieri dei tempi andati. Se così è, o Signori, e se a voi cale conservare un Tempio che ha tanto costato, e che fora impossibil cosa, mancando, vederlo riposto nella penuria de’ tempi correnti, e nello spirito il disprezzo che si ha per cose sacre, io prego SS. LL. prendere in seria considerazione l’oggetto per provocarsi indi dalla Suprema Autorità della Provincia le opportune provvidenze.

Il Decurionato, intesa la proposta del Sindaco, visto l’Ufizio del Sig. Intendente del dì primo settembre ultimo, visto il parere della Consulta di Stato sanzionato dalla Regia approvazione sotto la data degli otto agosto del corrente anno, considerando che l’Edificio Sociale trova nella Religione la più salda base, e che perciò fa d’uopo tener fermo ai principii di nostra Santa Chiesa, ora piucchemai, che lo spirito di innovazione cerca sovvertirli tutti. Considerando che se la esterior pompa della religione non contribuisce alla purità dello spirito, ispira almeno colle sue maestose apparenze la venerazione ed il rispetto per quel Dio, che degnava farsi vedere sull’Areb preceduto dal tuono, e cinto dalle nubi.

Considerando che questa necessità è avvolorata nel fatto dall’obbligo che ne assiste, e dal dritto che da noi si vanta sulla nostra Insigne Chiesa Collegiale, dritto, che qual preziosa gemma dataci in fedecommesso dai nostri avi, sarà da noi custodito e combattuto per farne restituzione a quelli che ci succederanno. Considerando che il nostro patronato è riconosciuto non solo pel fatto dai nostri precedessori, ma è consagrato benanche nella bolla di Papa Clemente XII, spedita nel mille settecento trentanove, colla quale fu la nostra Chiesa eretta ad insigne Collegiale, munita di Regio assenso. Considerando che quanto anche nessun conto volesse aversi della veneranda antichità, e della volontà di colui che ripristinava la Monarchia, ed innalzava da Provincia a Stato il nostro Paese avvi di epoca più recente un parere della Regia Consulta del dì tre giugno ultimo di Sovrana approvazione, col quale si dichiara essere il Comune il Patrono della Chiesa.

Considerando che questa Chiesa innalzata a Collegiale, avendo un Arciprete, la cui nomina compete al Popolo, non può non esser del Popolo stesso la Chiesa, della quale ha facoltà di scegliere il Pastore. Considerando che quanto anche volesse sofisticarsi esser la nomina dell’Arciprete di diritto del Popolo e del Clero, ciò non importa un Patronato misto, stante che il voto del Clero non ha nessun preponderanza sull’altro del Popolo, dappoichè il voto dell’Ecclesiastico non ha alcuna prerogativa sull’altro del pagano, tranne quella del numero.

Considerando che il sopracitato parere della Consulta, o diciam meglio la Sovrana determinazione, che lo ha approvato, se ha mutata la forma della elezione con trasfondere dal Popolo al Decurionato la nomina dell’Arciprete, non ha con ciò derogato sicuramente ai dritti preesistenti, che il Popolo aveva, ma gli ha fusi nei di lui rappresentanti, per facilitarne la elezione.

Considerando che la fondazione di questa Città rimonda ad epoche remotissime, per cui non possono non dirsi edificati dal Popolo ne’ suoi Tempj. Considerando infine che stante le sopra esposte ragioni dimostranti il Patronato, e stante la necessità in cui trovasi la Chiesa di urgenti ristaurazioni ad unanimità delibera doversi riconoscere ed aversi per vero il jus patronato del Comune sulla Chiesa Collegiale, ed aprirsi nello Stato di variazione un articolo addizionale di ducati quaranta annui da addirsi al mantenimento della Chiesa anzidetta, salve tutte le altre spese delle quali potesse abbisognare, da prelevarsi nelle occorrenze, previa la debita approvazione, dall’articolo opere pubbliche.

(ASC – Intendenza Molise – b. 864 – f. 18)