Anno 1825

Il Sig. D. Antonio Chiarizia ha composto:

Ode in onore della Grande Padrona S. Cristina

 Già ritorna quel giorno sereno
fortunato alla Patria cotanto
che io non oso spiegarvi con canto
quanta gioja imprevista apportò.
Pellegrin, che il Santo fardello
qui recaste dalle Itale arene
chi vi spinse donarci quel bene,
qual impulso fra noi vi guidò?

Di Bolsena nel Tempio insepolto
di Cristina rapiste l’ossame,
e rapito appagaste le brame
d’esser carichi di tanto tesor.
Tragittando Provincie e Cittade
qui fra noi in Ospizio fermaste
E partire più volte tentaste
del sentiero smarrito all’error.

Replicaste gl’inutili sforzi
per uscir dai nostri confini,
che di opporsi a’ voleri divini
forza umana capace non è.
Convien dunque si sveli l’arcano
che il ritorno sì presto vi mena
via mostrate qual forte catena
dubbio e torpido rendevi il pié.

Venturoso momento fu questo
o, de i Galli l’ossame furtivo
di Cristina scovriron: giulivo
Il Popol tutto allora ne fu.
Cogli osanna e gli olivi alla mano
della Diva applaudissi l’amore
e l’amor della Diva nel cuore
de’ Sepinati impresse virtù.
Un’ebrezza d’insolita gioja
il cor di tutti allaga, e felice
dal Matese per l’erta pendice
per il fausto piacere muggì.
Gonfio il Tammaro allora spumoso
mondò colla balza il burrone:
lieto ancora l’algente Tappone
dal suo letto sassoso ne uscì.

E compagno di tanta esultanza
fu quel patto solenne giurato
che alla Vergin donzella fu dato
dagli abitanti della Città.
Che di triplice festa in ogni anno
ricorresse il suo Nome in Sepino
lo giurò sul Vangelo Divino
ogni sesso ogni ceto ogni ettà.

La memoria di tanta ventura
ogni cuore commuove e titilla
e di amor pio la nobil scintilla
ogni petto si sente infiammar.
E agli applausi di un Popol festoso
d’intorno intorno l’eco risponde.
Colla valle applaudisce pur l’onde
e tal plauso finisce nel Mar.

(ASC – Atti notarili V. Tammaro)